“La morte di Giovanni non può essere considerata una sconfitta, ma deve essere considerata quasi una vittoria”. Lo afferma Maria Falcone nel documentario di Tv2000 ‘Il filo della memoria’, a cura di Massimiliano Cochi, in onda lunedì 23 maggio ore 21.10 in occasione del 30° anniversario della strage di Capaci.
Maria Falcone torna nel Liceo classico “Umberto I” di Palermo, dove hanno studiato lei e Giovanni, e ricorda il fratello. Un racconto personale che diventa a tratti corale, con le voci di chi lo ha conosciuto e di chi ha collaborato con lui. Un racconto che diventa testimonianza da tramandare a chi Giovanni Falcone non lo ha mai conosciuto e alle nuove generazioni.
“È quella vittoria – prosegue Maria Falcone parlando con Tv2000 – per la quale io mi sono mossa in questi anni prendendo spunto da un biglietto che mi venne portato qualche giorno dopo la morte di Giovanni e che fu preso sotto l’albero Falcone che è davanti alla sua casa e ora è chiamato Falcone quasi a volerlo ancora vivo e presente tra noi. In quel biglietto c’è la reazione della società civile siciliana che fino ad allora era stata indifferente e quiescente, un po’ più attenta durante il maxi processo. Invece dopo la sua morte si rende immediatamente conto della sua perdita e sarà questa forza della società che spingerà le istituzioni a fare una lotta alla mafia che dura ormai da 30 anni e che ha portato non certo alla sconfitta definitiva, ma certamente ad un grande indebolimento di ‘Cosa nostra’”.
“Quando Giovanni accettò di entrare nel pool – ricorda Maria Falcone – fu per noi familiari un momento di grande preoccupazione. Negli anni tante volte Chinnici (il giudice istruttore ucciso da ‘Cosa nostra’ a Palermo nel 1983, ndr) aveva chiesto a Giovanni di partecipare a questo suo pool diretto a combattere la mafia. A Palermo si sapeva del lavoro di Chinnici e della pericolosità del suo lavoro. Quando Giovanni accetta, ricordo – ho in mente come una fotografia di quel momento – il momento in cui gli ho detto: ma perché hai accettato? E lui rispose: si vive una sola volta. Era come se volesse dire: la vita deve essere spesa al meglio”.
“Francesca – conclude la Falcone, parlando di sua cognata, morta anche lei nella strage di Capaci – è stata la moglie ideale per Giovanni: era la donna intelligente, magistrato, preparata, e come tutte le mogli è tesa alla protezione del proprio uomo. Però anche lei è stata vicino a Giovanni, in una vita, possiamo dirlo, peggiore di quella di un carcerato. A Giovanni era proibito qualsiasi gesto di normalità. Andare a comprare il giornale, andare a bere un aperitivo o un caffè al bar, andare al cinema che lui amava tanto, al teatro, ad un concerto: non gli era permesso. Francesca ha vissuto tutto questo. Ha condiviso con il suo uomo tutta la sofferenza di questa reclusione e ne ha condiviso anche la morte”.